Il disegno di legge delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, meglio noto come “riforma Madia”, è approdato alla Camera dopo essere stato approvato il 30 aprile dal Senato e sarà probabilmente il nuovo “cavallo di battaglia” del governo dopo l’approvazione della riforma della scuola. La discussione al Senato ha occupato quasi otto mesi e il testo ora all’esame della Camera non appare ancora definitivo, perché in realtà si lavora anche sulle norme che appaiono più contestate come quelle sulla dirigenza, la riorganizzazione degli uffici territoriali dello Stato e via dicendo.
Il ddl Madia contiene però anche norme sul “riordino della disciplina delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche” (art. 14) e sul “riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale” (art. 15) che spesso vengono sottovalutate quando si fa riferimento al provvedimento, ma che rischiano di riproporre situazioni purtroppo già viste in passato.
La domanda, posta in termini brutali, è: la nuova disciplina riguarderà anche il trasporto pubblico locale? Il pensiero corre subito all’ingorgo normativo e agli autentici “pasticci” di disposizioni di legge che si determinò col famoso articolo 4 del D.L. 138, su cui è intervenuta poi la mannaia della Corte costituzionale dopo l’altrettanto famoso “referendum sull’acqua”: un gran bailamme determinato in gran parte dal voler comprendere a forza il TPL dentro il calderone dei servizi pubblici locali.
Per la verità, nel ddl Madia, si sottolinea che il governo – nell’esercizio del potere di delega attribuito dalla legge in questione – si atterrà “ai seguenti principi e criteri direttivi generali” e al primo punto viene indicata la “elaborazione di un testo unico delle disposizioni in ciascuna materia, con le modifiche strettamente necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse”: il che fa sperare che venga comunque salvaguardata la specificità del TPL, e che – soprattutto – qualsiasi norma venga adottata sia armonizzata con la legislazione di riforma del settore che, contemporaneamente, è in via di definizione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché con le norme dettate dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti, che – dopo aver avviato la consultazione – si appresta ora ad emanare l’atto di regolazione in materia di gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale di passeggeri.

L’ansia riformatrice del governo è apprezzabile, ma va ricordato che il settore del TPL è già “scampato” ad un intervento legislativo nel cosiddetto disegno di legge “Concorrenza” ad opera del Ministero dello Sviluppo Economico: in quella occasione, l’allora ministro Lupi si battè perché restasse al suo dicastero la competenza di intervento e uno dei motivi principali della richiesta era proprio l’esigenza di dare “organicità” al complessivo disegno di legge di riforma del settore. Poi la guida del MIT ha vissuto l’avvicendamento con Graziano Delrio e la riforma del TPL (più volte annunciata e più volte data per “pronta”) sembra che debba essere presentata al massimo entro la metà del mese di giugno. Perlomeno nell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, la riforma TPL dovrebbe – quindi -battere sul tempo la “riforma Madia”, ma si dovrà vedere quale sarà il successivo percorso in Parlamento: l’ultimo provvedimento organico in materia di trasporto pubblico locale risale al decreto legislativo n. 422 del 19 novembre 1997, una legislazione risalente cioè al secolo scorso (detto senza alcuna ironia, perché così è: comunque si tratta di 18 anni fa). In seguito, sono intervenute tutta una congerie di norme di cui si trova in parte traccia nelle “Schede di lettura” elaborate dagli Uffici studi di Camera e Senato che accompagnano il percorso dell’attuale disegno di legge Madia, ma in cui è evidente che molti interventi sul TPL hanno fatto parte di provvedimenti che riguardavano “l’insieme” dei servizi pubblici locali, dando indubbiamente lavoro a frotte di giuristi, ma alimentando anche una notevole dote di confusione come dimostra – appunto – la vicenda del ricordato D.L. 138.

Insomma, sarebbe bene prendere lezione dal passato e mettere mano finalmente a una legislazione coerente e organica per il trasporto pubblico locale, come merita la specificità del settore e come richiedono praticamente da sempre associazioni come ASSTRA e ANAV. Anche i proverbi insegnano che “troppi medici finiscono per ammazzare il malato”: e il trasporto pubblico locale ha invece bisogno di vivere, perché ogni giorno le società moderne sempre più complesse ne reclamano l’esigenza e perché sempre più decisivo è il ruolo che questo settore è chiamato a giocare per lo sviluppo economico e sociale e per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.