Dici Francia e pensi alla “grandeur”. Può sembrare uno stereotipo, ma è indubbio che il paese transalpino rimane un grande paese, anche se oggi accusa un po’ di difficoltà a mantenere il ruolo: rimanendo al campo dei trasporti, l’alta velocità ferroviaria è stato un progetto “grandioso”, che ha fatto scuola e che è diventato un modello non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Per riformare e migliorare il trasporto pubblico, la Francia non poteva non indire gli “Stati generali della mobilità sostenibile”, oltre nove mesi di consultazione tra gli attori e le categorie interessate, sei assemblee pubbliche o convention organizzate in grandi città e capoluoghi. Il frutto di tutto questo lavoro è oggi contenuto in un documento (ovviamente consultabile via web) che contiene ben 70 proposizioni  e proposte concrete da adottare attraverso provvedimenti da definire a livello parlamentare e di governo. E qui viene già una prima differenza: nel nostro Paese, una mole così elevata di proposte (settanta) sarebbe già confinata nel “libro dei sogni”, ipotizzando complicatissimo unificare gli iter attraverso la lussureggiante molteplicità delle istanze decisionali e di competenze che “arricchiscono” (e a volte, ahimè, paralizzano) i percorsi realizzativi nella nostra penisola. In realtà, qualcosa sta cambiando anche nella nostra amata Italia, e ne fanno fede alcuni esempi molto concreti, che si possono additare quasi a modello: l’Autorità di regolazione dei Trasporti, ad esempio, prima di adottare le proprie deliberazioni, sottopone i propri elaborati ad un’ampia consultazione (trasparentemente ritrovabile anche sul web) tra tutti i soggetti interessati, ne riceve le varie osservazioni e contributi, ed eventualmente integra i documenti prima dell’emanazione definitiva. Altro esempio “virtuoso” può definirsi la procedura inaugurata dalla Struttura di missione presso il MIT guidata da Ennio Cascetta, dopo la sua trasformazione in organismo di progettazione, programmazione e regìa (ma non di gestione diretta delle procedure realizzative) delle politiche di investimento in opere infrastrutturali o di definizione delle linee strategiche di sviluppo di settori fondamentali come i trasporti via terra, via mare, via aria. Chi ha vissuto anni di lavori di studio, di commissioni, di consulte o di piani generali dei trasporti rimasti molto spesso sulla carta o arrivati spesso in ritardo rispetto ad una realtà nel frattempo modificata, rimarca la differenza con documenti programmatori intitolati significativamente “Discussion Paper”, con tavoli di lavoro e di consultazione con i protagonisti interessati prontamente istituiti e redazione finale dei progetti su una base che a quel punto diventa largamente condivisa e che deve trasformarsi solo nella fase operativa, a sua volta avviata con la massima celerità e concretezza possibili. Sappiamo anche che – per molte e svariate ragioni – un percorso simile non si è seguito, ad esempio, per la riforma del trasporto pubblico locale, che certo non è stato partorita da un demiurgo solitario o in maniera improvvisata, ma il cui dibattito troppe volte è sembrato inabissarsi e il cui cammino complicarsi tra le tante istanze decisionali e non.  Si torna, quindi, alla Francia, avvertendo però che la “grandeur” che ha portato a indire gli Stati generali (una dizione di cui il paese transalpino detiene praticamente il “marketing”) non significa che la Francia adotterà tutte le 70 proposizioni, anzi è probabile che l’applicazione delle varie misure si proietti sui tempi lunghi, ma nel frattempo è utile considerare il merito di queste proposte.

Il quadro generale (e buona parte, quindi, delle 70 proposte) è orientato a  favorire i comportamenti “virtuosi” tanto delle istituzioni che degli utenti, per invertire una situazione del comparto della mobilità che vede ancora prevalere per l’80 per cento l’uso del mezzo privato e molto spesso ancora seriamente inquinante in termini ambientali. A queste misure che potremmo definire – senza alcuna albagìa – “scontate”, si associano proposte più impegnative anche a livello istituzionale come la creazione di un Ministero dei Trasporti e della Mobilità pienamente in grado di esercitare la sua funzione e i suoi poteri (in Francia attualmente è una sorta di sottosegretariato-viceministero inquadrato nel dicastero dell’Ambiente) e di conferire ad esso la guida di una “cabina interministeriale” per la sicurezza stradale intesa nel senso più ampio. Altro “obiettivo prioritario” è elaborare una reale legge di programmazione finanziaria per garantire il flusso di risorse necessario alla sostenibilità e sviluppo del sistema dei trasporti pubblici, e qui il pensiero va subito al percorso compiuto dall’Italia per arrivare alla istituzione del Fondo nazionale per i trasporti, superando il meccanismo delle coperture di bilancio anno per anno. Può apparire sorprendente che un paese come la Francia ponga ai primi punti di un programma di riforme risultati che l’Italia ha già raggiunto, ma – considerate le differenze tra i due sistemi – la sorpresa è relativa. La Francia ha bisogno di armonizzare le sue regole (e in questo quadro rientra anche l’iniziativa degli Stati generali) non solo per migliorare gli obiettivi in termini ambientali, di mobilità sostenibile e via dicendo, ma anche per “mettere ordine” in un sistema di finanziamento pubblico che finora è stato gestito e impiegato con estrema efficienza (i sistemi di trasporto metropolitano e regionale in Francia rappresentano da tempo un modello da imitare in Europa), ma che ora deve confrontarsi con le nuove regole sulla concorrenza e sull’apertura al mercato provenienti da Bruxelles che impongono perlomeno una ridefinizione delle varie “voci” che contribuiscono a supportare il funzionamento del sistema pubblico. E certo non è un caso che una delle proposte più concrete contenute nel documento finale sia una riduzione del prelievo corrispondente alla nostra IVA al livello del 5,5%, “analogamente – si sottolinea nel documento – a paesi come la Germania, Regno Unito, Portogallo, Svezia e Norvegia”.

Importanti sono anche gli ultimi due obiettivi considerati “prioritari” nell’elaborazione degli Stati generali: “permettere alle Regioni di sperimentare l’apertura alla concorrenza del trasporto ferroviario regionale” (in Francia la concorrenza sulle rotaie è sempre un argomento da trattare perlomeno con le molle, significativo è quel termine “permettere”…..) e “lavorare sull’esercizio del diritto di sciopero” per assicurare una reale garanzia di funzionamento dei servizi minimi nei trasporti.  Anche qui, la sensazione è che l’Italia su molti punti sia già più avanti, ma c’è anche da dire che a volte questi confronti si rivelano inutili come le discussioni su Coppi e Bartali: la Francia è un paese “compatto”, con un potere statale e centrale molto forte e un quadro regolamentare che potremmo definire rigido e – per certi versi – impenetrabile (ne sanno qualcosa le Ferrovie italiane, che da anni tentano di portare la concorrenza dei loro treni in Francia); l’Italia è un paese per così dire molto più “fantasioso”, decentrato, irregolare, con legislazioni d’avanguardia che convivono con guarentigie e resistenze d’altri tempi. Ma è tempo di cambiamenti, e questo è tanto vero come in Francia che in Italia.