Napoli, 1 OTT – Il Museo Ferroviario di Pietrarsa offre un affascinante viaggio nel tempo tra le locomotive e i treni che hanno unito l’Italia dal 1839 ai nostri giorni, in 170 anni di storia delle ferrovie italiane. Pietrarsa è uno dei luoghi simbolo della storia delle Ferrovie dello Stato, un ponte teso tra passato e presente che congiunge idealmente la Bayard ai sofisticati e velocissimi treni dell’Alta Velocità.

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Adagiato tra il mare e il Vesuvio, con una spettacolare vista sul Golfo di Napoli, il Museo si trova sulla linea ferroviaria che serve il cosiddetto “Miglio d’Oro”, quel tratto di territorio a sud di Napoli che comprende anche Pompei ed Ercolano, chiamato così per la ricchezza paesaggistica e per lo splendore delle ville vesuviane del Settecento.

Il Museo è stato allestito, dopo accurati interventi di restauro conservativo, in uno dei più importanti complessi di archeologia industriale italiana: il Reale Opificio Meccanico, Pirotecnico e per le Locomotive, fondato da Ferdinando II di Borbone nel 1840.

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Una sede espositiva unica nel panorama nazionale che, per la suggestione degli ambienti e la ricchezza dei materiali conservati, rappresenta uno dei più importanti musei ferroviari d’Europa. Il Museo è stato inaugurato nel 1989 e si sviluppa su un’area di 36mila metri quadrati, di cui 14mila coperti. All’esterno si erge la grande statua in ghisa di Ferdinando II: alta più di 4 metri e fusa nell’Opificio nel 1852, ritrae il sovrano che ordina con gesto regale la fondazione delle Officine e sembra vegliare soddisfatto sulla sua preziosa creatura.

La prima locomotiva che viaggiò in Italia e le altre storiche
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Nel padiglione ex-montaggio è esposto il maggior numero di treni storici. Tra i pezzi più famosi, la riproduzione (realizzata nel 1939 in occasione dei primi 100 anni delle Ferrovie dello Stato) del treno con la locomotiva Bayard, gemella della Vesuvio che il 3 ottobre del 1839 inaugurò la storia delle ferrovie italiane percorrendo in circa 10 minuti il primo tratto di strada ferrata della penisola, tra Napoli e Portici, con a bordo Ferdinando II, la famiglia reale e la corte. Allineate lungo le pareti, sono esposte numerose locomotive a vapore. Esse descrivono idealmente l’evoluzione della trazione a vapore in 100 anni di progressi tecnici: dalle prime locomotive a vapore saturo (ad esempio la 875), a quelle a vapore surriscaldato (locomotive 640) fino all’esperimento, riuscitissimo e tutto italiano, del sistema “Franco-Crosti”. Applicato sulle locomotive 741, consentiva di preriscaldare l’acqua della caldaia riutilizzando, in modo economico, i fumi di scarico. Tra le Locotender esposte: la 290.319 con tender a tre assi, la prima locomotiva a entrare nel Museo; una possente 477; la 910 per treni pendolari, che poteva circolare in entrambi i sensi di marcia, con notevole risparmio di tempo; la 835, locomotiva da manovra riuscitissima al punto che ne furono costruiti 370 esemplari, battezzata affettuosamente dai ferrovieri “Cirilla”; la 740.115, una delle macchine che trasportò da Aquileia a Roma il Milite Ignoto il 29 ottobre 1921. Nello stesso padiglione, infine, sono esposti anche i locomotori a corrente alternata trifase, veri pionieri delle prime ed importanti elettrificazioni nel Nord Italia.

La Carrozza Reale che divenne Presidenziale

Nei padiglioni B e C, che ospitavano le caldarerie e i forni, sono ora esposte carrozze e automotrici. Un esemplare importante è la carrozza 10 del Treno reale costruita dalla Fiat nel 1929 per le nozze di Umberto II di Savoia con Maria Josè del Belgio. La carrozza, dal 1946 divenuta “Presidenziale”, è stata donata al Museo nel 1989 da Francesco Cossiga. Faceva parte degli 11 vagoni del Treno reale e si distingue per la ricchezza degli arredi interni: il salone dispone di un tavolo in mogano lungo otto metri e con ventisei posti a sedere. Il soffitto è intarsiato con lamine d’oro e medaglioni con gli stemmi delle quattro repubbliche marinare. Nel padiglione C sono in mostra altre cinque carrozze: una mista di terza classe e bagagliaio; un’antica carrozza postale a tre assi; un veicolo di servizio utilizzato per le corse di prova delle locomotive appena riparate a Pietrarsa; una vettura per il trasporto di detenuti; una carrozza “Centoporte” di prima, seconda e terza classe, vetture tipica delle Fs che entrò in composizione in quasi tutte le categorie di treno. Seguono quattro “Littorine”. Costruite in numerose unità, hanno certamente segnato la storia dei viaggi degli italiani. Fra gli altri mezzi, sono esposti la automotrice elettrica E.623 “ex Varesina” e tre locomotori a corrente continua tra i quali la E.626, macchina “tuttofare” che ha prestato servizio su tutta la rete nazionale in testa sia a lunghi treni merci sia a treni viaggiatori, locali o diretti.

La fine del vapore, l’arrivo delle locomotive Diesel e della Sogliola

Nel Padiglione D sono esposte cinque locomotive diesel. La prima è la D.342.4011, costruita da Ansaldo/Breda a trasmissione idraulica, che contribuì all’eliminazione della trazione a vapore su alcune linee. In seguito si preferì adottare la trasmissione elettrica, più adatta alle pendenze delle linee della rete secondaria FS, rappresentata a Pietrarsa dalla locomotiva D.341.1016. Completano la sezione dedicata al diesel, altre tre locomotive da manovra tra cui la 207 detta “Sogliola” perché ridotta a una semplice, sottile cabina appoggiata su quattro piccole rotaie.

Quando le officine erano fatte come una “cattedrale”

È lì dal 1840, è l’edificio più antico del complesso. È noto con l’appellativo de “La Cattedrale” per gli imponenti e magnifici archi a sesto acuto che gli conferiscono un aspetto suggestivo e maestoso. Accoglie numerosi modelli di treni fra cui quelli della Bayard, una delle primissime locomotive italiane; del locomotore E.432, a corrente alternata trifase; dell’E.428, a corrente continua 3000 V, dotato di otto motori e con velocità massima di 130 km/h; dell’elettromotrice ALe 880, il cui prototipo fu costruito nel 1937, caratterizzato dal profilo aerodinamico della cabina anteriore e dotato, sull’altra estremità, di porta intercomunicante a soffietto per consentire il passaggio dei viaggiatori tra le rimorchiate; della D.443, il cui prototipo fu costruito nel 1966 per essere impiegato sulle linee non elettrificate in sostituzione delle ormai vetuste locomotive a vapore; del locomotore D.245, diesel-idraulico, adibito alle manovre negli scali in sostituzione delle più antiche locotender.

Il plastico più grande: dalla Alpi alla Sicilia
Nello stesso padiglione sono esposti plastici e vari oggetti ferroviari tra i quali: il famoso plastico Trecentotreni, lungo 18 metri e largo più di 2 metri; le antiche rotaie a doppio fungo, poggianti sui dadi di pietra lavica impiegati sulle antiche ferrovie prima che venissero adottate le più moderne traversine.

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Per chi ama il mare, i macchinari dei traghetti Fs
Sono esposti anche numerosi oggetti e macchinari provenienti da navi traghetto demolite. Tra gli altri, alcuni modelli di traghetti della flotta Fs.