Roma, 23 MAR – Sono solo 1.750 metri, ma in Toscana tutti ne parlano, ed a Pisa già ne sono orgogliosi. È il people mover che collega la città con l’aeroporto Galileo Galilei e va a sostituire le navette che intasavano l’angusta strada che collega la città con lo scalo attraverso il quartiere di San Giusto. L’intasamento del trasporto su gomma è stato il cruccio delle amministrazioni locali di Pisa, perché la città della Torre pendente, ogni giorno vede lievitare la sua popolazione dai poco più di 90 mila residenti a circa 160 mila: pendolari, studenti e, soprattutto turisti. E questi numeri trovano facile riscontro nei totali di chi passa dalla stazione ferroviaria,18 milioni e dall’aeroporto, 5 milioni. A tutto ciò si aggiunge il traffico dei bus gran turismo che scodellano migliaia e migliaia di persone al giorno che vogliono visitare il Duomo e la Torre. Per non parlare dei 50 mila studenti e di una struttura ospedaliera che accoglie in un anno 6 milioni di pazienti (gran parte non pisani).
Accogliere nel centro cittadino le moltitudini, ma non riempire la città di auto e bus: obiettivo centrale dell’amministrazione comunale e su questo Marco Filippeschi , sindaco in carica dal 2008, ha puntato tutto.
2010 primo protocollo d’intesa e progettazione preliminare con SAT, la società dell’Aeroporto; 2011 costituzione della società di scopo Pisamo, accordo di programma, gara europea; 2012 aggiudicazione ad Ati Condotte/Leitner e progettazione definitiva; 2013 la Commissione europea approva l’ammissione a contributo, poi approvato dalla Giunta toscane per 21 milioni di €; 2014 (giugno) apertura del cantiere; 2015 Comune e Regione approvato piani per accessibilità, parcheggi e nodi di scambio; 2016 (30 settembre) finiscono i lavori e si avvia la lunga fase di certificazione e collaudo; 2017 (marzo) avvio del servizio.
Quattro anni di preparazione, progettazione e per ottenere un finanziamento europeo, due anni per l’esecuzione delle opere. Tempi, così li ha definiti il sindaco nel corso della cerimonia di apertura, “cinesi”.
Forse è vero che in meno di sette anni in Italia non si fa nulla, ma è anche vero che stabilità politica, omogeneità di indirizzo tra le diverse istituzioni, ma anche tenacia e capacità tecnica nella preparazione delle carte per evitare inutili ricorsi, consentono di avere percorsi meno accidentati.
Ma c’è dell’altro: la capacità dei partner industriali, che in questo caso sono anche stati i principali investitori del PisaMover: Condotte e Leitner ci hanno messo qualcosa in più di 50 milioni di euro che aggiunti ai 21 di finanziamento europeo portano il conto finale a 72 milioni. Avranno la gestione per 36 anni (nel sistema ci sono anche i parcheggi con 1.400 posti auto nuovi): se sono bravi recupereranno l’investimento e ci guadagneranno il giusto. Anton Seeber, presidente di Leitner (è suo anche il MiniMetro di Perugia) è ovviamente soddisfatto: “siamo felici e orgogliosi di poter mettere a frutto proprio nel nostro paese quelle eccellenze tecnologiche per le quali siamo noti e richiesti in tutto il mondo. Abbiamo dimostrato nei fatti che il nostro sistema di trasporto automatizzato è la risposta sostenibile per la mobilità delle città moderne”.
Città moderne dove, comunque, c’è sempre qualcuno che non rinunciano alla protesta: una trentina di persone sabato scorso protestava dicendo “non ci frega niente del Pisamover, vogliamo case per gli sfrattati”. E come sempre succede c’è anche chi parla di spreco di denaro pubblico, di opere faraoniche. A Pisa, di faraonico, non si è visto nulla.