“Venerdì 17, lo strike del TPL”: così il Comune di Roma e Atac hanno presentato i risultati dell’indagine sull’ennesimo “venerdì nero” della Capitale. Al di là di quelli che potranno essere i risultati di questa indagine, ciò che importa è il danno che si è fatto sia ai tanti lavoratori che ogni giorno si impegnano regolarmente nel loro lavoro e semmai partecipano legittimamente anche a forme di protesta, sia ai tanti cittadini che subiscono i danni maggiori di determinati eventi e che – in questa occasione – hanno manifestata tutta la loro esasperazione. Ad un risultato che – da qualsiasi punto di vista lo si guardi – più negativo non avrebbe potuto essere, hanno contribuito un gran numero di fattori, il cui elenco risulta persino difficile. Pesano i ritardi accumulati per definire una politica di regolamentazione degli scioperi che tenga conto della specificità di alcuni servizi pubblici essenziali, che non sia ancora prigioniera di settorialità diventate del tutto antistoriche (ferrovie da un lato, bus e metropolitane dall’altro), che metta al centro un effettivo diritto alla mobilità, non solo nei centri urbani, ma certo soprattutto nei centri urbani, diventati oggi un ganglio nevralgico per milioni di cittadini. Dopo i fatti di Roma, Asstra ha reclamato giustamente la necessità di “affrontare una volta per tutte la revisione del quadro regolamentare su cui si sostiene l’equilibrio, delicato e  importantissimo, del diritto dei lavoratori a scioperare e delle persone a muoversi per svolgere in piena libertà la loro vita quotidiana”. Un richiamo dell’associazione rappresentativa  del settore trasporto pubblico locale in Italia alla necessità di istituire subito un tavolo istituzionale di confronto che tiene conto degli importanti avvenimenti, di rilevanza mondiale, che interesseranno città come Torino, Milano e Roma con eventi come l’ostensione della Sindone, l’Expo e il Giubileo che interessano la mobilità di centinaia di migliaia di persone. Il presidente Roncucci, entrando nel dettaglio, ha anche indicato alcuni dei provvedimenti che sarebbe impossibile introdurre da subito – senza modificare la legge 146 sugli scioperi – come l’adesione preventiva e personale allo sciopero (funziona in Francia, da alcuni anni) o l’introduzione dell’obbligo di referendum tra i lavoratori: tutte regole che – senza intaccare i diritti dei lavoratori – servirebbero a intaccare e depotenziare “l’effetto annuncio”, quel meccanismo per cui sindacati dalla micro-rappresentatività indicono astensioni dal lavoro i cui effetti si possono misurare solo dopo o ad impedire che il conflitto o le divergenze di opinioni tra i sindacati stessi, lungi dal risolversi nelle assemblee o nei luoghi di confronto democratico, si scarichi sulle spalle degli utenti e dei cittadini.

Ma sarebbe riduttivo pensare che, nella situazione del TPL, pesino solo i ritardi nell’adeguare la legislazione sugli scioperi o nell’adottare alcuni provvedimenti di salvaguardia dei diritti degli utenti: i problemi del settore sono molto più complessi e dell’esistenza di questi problemi si è fatta ancora una volta portavoce Asstra, in una nota che rappresenta anche una sorta di documento programmatico per iniziare un confronto con il nuovo Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio,  che ha da poco assunto la responsabilità del dicastero ma che – anche nella sua precedente esperienza di amministratore locale – ha certamente maturato una sensibilità sulle questioni della mobilità che influiscono sulla vita quotidiana dei cittadini.  L’associazione, cui fanno capo circa 150 aziende di trasporto pubblico locale e che rappresenta circa il 70 per cento della produzione del settore, ha ricordato i “quattro pilastri”  su cui occorrerebbe fondare le basi per lo sviluppo del sistema, consentendo al trasporto pubblico locale di uscire dalle secche in cui si è incagliato da quasi 18 anni (cioè dalla data dell’ultima normativa organica di riforma del settore, il D.Lgs. n. 422/97). Quattro pilastri che riguardano temi come le liberalizzazioni; i costi/fabbisogni standard e le tariffe; la politica industriale e il ruolo del pubblico e le relazioni industriali e sindacali. Tutti temi su cui il confronto deve avviarsi avendo al centro gli interessi dei cittadini, ma anche delle aziende che – sottolinea l’associazione – “sono pronte a fare la loro parte per affrontare, con grande volontà e senso di responsabilità, le sfide industriali che il rinnovato contesto di riferimento”.

“Strike”, nel vocabolario inglese, ha molteplici significati: oltre allo sciopero, può fare riferimento ad un colpo, a una caduta. Al di là del merito o del significato da attribuire all’episodio, è indubbio che lo “strike” di Roma ha finito per costituire una conferma che il trasporto pubblico locale è una grande questione nazionale,  che deve trovare i “pilastri” da cui ripartire.