La Via della Seta: un treno per Pechino con l’Europa, un’occasione irripetibile per l’Italia

Circa 30 capi di Stato e di governo, con in testa il presidente della Repubblica Cinese Xi Jinping (per l’Italia era presente il premier Gentiloni). Il Forum di Pechino sul progetto “One Belt, One Road” (un anello di congiunzione, una strada)  di collegamento tra Asia e Europa, altrimenti noto come progetto di nuova “Via della Seta” (con un omaggio esplicito e sentitissimo all’italianissimo Marco Polo), probabilmente tra qualche anno sarà ricordato come un evento storico, ma per ora non ha avuto l’attenzione che meritava, forse anche a causa del nostro provincialismo.

Eppure si tratta di un progetto che prevede 900 miliardi di euro di investimenti (una cifra che rappresenta quasi il 55 per cento dell’intero PIL italiano!) nei prossimi 5-10 anni e 502 miliardi spesi in circa 62 paesi entro la data del 2021. In Italia quando parliamo di mega-progetti siamo abituati a fare spallucce per atavico scetticismo, ma i cinesi hanno già dimostrato di saper fare sul serio di fronte a sfide a prima vista impossibili. Inoltre, questa nuova Via della Seta attraversa paesi che, per fonti naturali o straordinarie capacità di sviluppo, sembrano destinate a diventare protagonisti sul nuovo scacchiere geopolitico ed economico mondiale: lo svolgimento del prossimo Expo universale ad Astana confermerà questo spostamento del baricentro della geografia mondiale tra Est e Ovest.

L’Italia non è interessata alla Via della Seta solo per il lascito di Marco Polo: Gentiloni era a Pechino nn solo per rappresentare gli interessi di porti come Genova e Trieste o di un grande player internazionale come ENI, ma perché per il nostro Paese l’apertura di una nuova grande via di comunicazione tra Asia ed Europa può avere la stessa importanza che ebbe a suo tempo l’apertura del canale di Suez, rimettendo al centro della geografia mondiale il Mar Mediterraneo. Per l’Italia si apre la partita sul versante marittimo, anche tenendo presente l’avvenuto insediamento della Cina nel terminale del Pireo (e gli effetti si sono subito visti: balzo dai precedenti 500 mila container agli attuali 3,1 milioni e prospettive di raddoppio in pochi anni). Per l’Italia, i progetti finora hanno visto la nascita dell’associazione dei porti del Nord Adriatico (la NAPA, North Adriatic Association), con l’unione dei porti di Venezia, Ravenna, Trieste, Capodistria e Rijeka per sviluppare progetti comuni. Nonostante la Via della Seta preveda anche lo sviluppo dei collegamenti ferroviari, le difficoltà su questo versante (che sono non solo geografiche e legate alle distanze, ma anche legate ad esempio ai fattori climatici), rimane il trasporto marittimo il settore privilegiato dove immaginare le prospettive di sviluppo

Ma il nostro Paese rappresenta uno sbocco per i traffici della Via della Seta non solo attrvaerso quei terminali naturali costituiti dai nostri porti. Lo studio prodotto da SACE in occasione del Forum di Pechino evidenzia giustamente che l’apertura del nuovo tunnel del Gottardo (e ancor più il completamento del progetto Alptransit) muta anche la geografia del trasporto ferroviario da e verso il continente europeo, un mutamento destinato a diventare ancora più incisivo quando l’intero panorama delle vie di comunicazione attraverso le Alpi (Brennero, Frejus), con l’appendice del nuovo collegamento col porto di Genova attraverso la linea del Terzo Valico, costruirà davvero la rete delle ferrovie del nuovo millennio. Sono prospettive che possono apparire lontane (ma che vanno comunque preparate nell’oggi per non rischiare di essere tagliati fuori), ma nel frattempo – suggerisce ancora lo studio di Sace – l’Italia ha l’opportunità di sfuttare le potenzialità di uno sviluppo dell’export verso gran parte dei 65 paesi attraversati dalla Via della Seta: attualmente la quota del nostro export è del 27 per cento, ma Marco Polo certamente non si farebbe sfuggire l’occasione di incrementare gli scambi commerciali con paesi che fanno registrare tassi di sviluppo economico tra i più alti nel panorama globale. E proprio nel nome di Marco Polo e del grande passato che rappresenta, vale la pena di impegnarsi per scrivere un futuro che torni a far parlare dell’Italia.