Preceduta da un lungo lavoro parlamentare e poi da una “corsa”, da parte degli uffici legislativi preposti, per definire concretamente e nel più breve tempo possibile il testo del nuovo “codice”, è arrivata al traguardo anche la riforma delle norme sugli appalti pubblici. Si tratta di una riforma attesa da anni e ispirata a principi largamente condivisi, valga per tutti l’obiettivo di semplificare e di ridurre considerevolmente (dando vita ad “un codice diversamente snello”, secondo l’efficace definizione di Elisa Grande, capo dell’Ufficio legislativo del MIT e una dei principali protagonisti del lavoro di stesura dei testi) la mole di norme che si erano sedimentate nel tempo, erano diventate anacronistiche o avevano semplicemente manifestato la necessità di una loro revisione. La “vision moderna” del nuovo codice raccoglie gli elogi dei tecnici ed esperti della materia, ma è impossibile sottovalutare l’impatto di norme che contengono a volte novità anche dirompenti sulla vita delle amministrazioni locali o di aziende – come quelle del TPL – che si muovono in un ambito di confine: imprese pubbliche o legate comunque all’attività delle amministrazioni pubbliche, ma anche strutture produttive che hanno necessità di confrontarsi con l’esigenza di fornire servizi o di essere competitive sul mercato. La riforma del codice degli appalti, perciò, è stato uno degli argomenti quasi obbligati su cui Asstra ha promosso un convegno e un seminario di studio, perché una cosa sono i principi ispiratori di una legge, altra cosa le modalità concrete attraverso cui devono trovare applicazione. Una difficoltà in parte aggravata dal fatto che – a torto o a ragione – non è stato previsto alcun periodo di “interregno” o di fase decantatoria nell’applicazione della nuova normativa, determinando una serie di problemi per le amministrazioni coinvolte che, in alcuni casi, ha finito per bloccarne o condizionarne le attività. Non bastassero questi temi a giustificare l’esigenza di un dibattito, si aggiunga che la ri- numero 58- 9 Giugno 2016 3 forma del codice dei contratti pubblici segue le due altre riforme (servizi pubblici e società partecipate), che hanno introdotto ulteriori e importanti variazioni che riguardano direttamente il settore del TPL, anche se due recenti pareri – rispettivamente, del Consiglio di Stato e dell’associazione dei comuni italiani ANCI – hanno invitato a tener conto delle specificità del settore. Il Consiglio di Stato, in particolare, ha eccepito un “eccesso di delega” per il “travaso” delle norme riguardanti trasporto pubblico locale all’interno del decreto attuativo per la riforma dei servizi pubblici , mentre nelle considerazioni dell’ANCI si rileva che non si comprende “la ratio dell’estensione dei vincoli gestionali a tutte le imprese a controllo pubblico, incluse le società titolari di un contratto a seguito di gara ad evidenza pubblica”; per l’ANCI, “una società totalmente pubblica che ha già affrontato il mercato nella sua massima espressione, la gara, deve essere messa in condizione di poter operare senza anacronistici vincoli gestionali”. Si tratta di posizioni in cui – come sottolinea il presidente Roncucci – è possibile riscontrare “la continuità con la posizione dell’Asstra su un punto essenziale, quello che fa ritenere fondamentale l’esclusione e di portata ampia delle società che, seppure partecipate o controllate da pubbliche amministrazioni, operino in regime di concorrenza o si accingano a misurarsi col mercato, dall’ambito di applicazione del Testo unico sulle partecipate”. Nel frattempo, a prescindere dall’esigenza di approfondire i contenuti delle nuove norme (e a prescindere dalla specificità della normativa sui contratti pubblici), il recente convegno di Asstra ha avuto soprattutto le finalità di evidenziare le problematiche che insorgerebbero dall’applicazione di riforme che – come sottolinea ancora Roncucci – invece di determinare “il tanto auspicato cambio di passo” si risolvessero in un ennesimo “passo falso” sul cammino della riorganizzazione e dell’ammodernamento del TPL.