Il G7 nel mese di giugno a Cagliari conferma la centralità assunta oggi dai trasporti, vero tessuto connettivo delle moderne società ed elemento indispensabile per costruire reali prospettive di sviluppo. Se questa è ormai diventata una certezza, dall’altro lato il progresso tecnico e tecnologico per un verso ha aumentato a dismisura la potenzialità di muoversi o di realizzare infrastrutture e dall’altro ha posto la questione della sostenibilità, resa plasticamente evidente dalla congestione che affligge le nostre città o dalle proteste che spesso accompagnano la realizzazione di nuove opere.

Per questo, il G7 si articolerà soprattutto sui temi della sostenibilità: sostenibilità economica, ambientale, sociale.  La sostenibilità economica significa – secondo la sintesi efficace di Ennio Cascetta – “fare di più con meno” o, con un’altra formula, “tecnologia versus cemento”, utilizzare le straordinarie opportunità offerte dal progresso tecnologico per ridurre l’effetto impattante delle opere, sia in termini di alterazione dell’ambiente naturale che di incentivo al consumo di mobilità. In Italia, questa strategia si coniuga, in particolare, nel piano di “project review” che il ministro Delrio e lo stesso Cascetta stanno portando avanti e che riguarda – in realtà – una razionalizzazione perfino necessaria: nel nostro Paese, infatti, i progetti di nuove infrastrutture hanno una vita media di venti anni, ma a volte riescono a superare persino i quaranta. La loro revisione si impone, anche se spesso non è facile perchè a schierarsi contro non sono slo gli interessi costituiti: in Sicilia, ad esempio, è recente la polemica per lo “scippo” dell’ipotesi di raddoppiare una linea progettata – appunto – cinquanta anni fa; in realtà, oggi la tecnologia assicura livelli di sicurezza tali da poter rendere inutile anche il raddoppio di tratti di linea limitati o particolarmente complicati (un discorso, ad esempio, che si potrebbe applicare anche ad un’opera contestata come il Ponte sullo Stretto), perchè i treni sono in condizione di viaggiare in condizioni ben diverse rispetto all’ultima tragedia in Puglia e l’utilizzo della tecnologia consente di risparmiare non solo un’enormità di risorse sul lato dei costi, ma soprattutto sul lato dei tempi (avere un’opera oggi è meglio che averla domani…).

Altro tema di Cagliari sarà la sostenibilità ambientale, e qui determinante sarà non solo il confronto con le migliori pratiche internazionali per verificare i progressi sul piano dell’utilizzo di materiali ecosostenibili, della lotta alla rumorosità, del rispetto dei parametri ambientali, ma anche di verificare le modalità di sfruttare al massimo delle sue potenzialità il patrimonio delle infrastrutture esistenti. L’integrazione e la tecnologia sono le parole magiche in grado di avere lo stesso effetto dirompente che ebbero le strade e l’invenzione dei documenti di pagamento per squarciare le nebbie del Medioevo. Anche qui, l’Italia non può – purtroppo – fornire buoni esempi: è comune l’esperienza di impiegare meno tempo per viaggiare da una città all’altra, grazie all’alta velocità ferroviaria, che per raggiungere poi la meta finale di destinazione nella città d’arrivo. Su questo versante, si sta particolarmente impegnando tanto la struttura guidata da Cascetta che il ministero dei Trasporti guidato da Delrio e i primi risultati si vedono, non solo nella coerenza con cui si realizzano o si progettano i collegamenti di porti o interporti o nuove metropolitane, ma anche nell’avvio a soluzione di un annoso problema come il collegamento della rete delle ferrovie ex concesse con quella di RFI o anche il piano autobus di rinnovo di un parco mezzi tra i più antichi (e quindi più rotti e meno disponibili) d’Europa.

L’ultimo – non certo in ordine d’importanza – tema è la sostenibilità sociale, da coniugarsi  secondo i criteri della accessibilità, equità e coesione sociale delle infrastrutture per la mobilità. Anche qui, determinanti diventano non solo la tecnologia e l’innovazione (con soluzioni che fino a poco tempo fa apparivano davvero impensabili e oggi sono diventate possibili), ma anche il processo di condivisione e di partecipazione sulle scelte, soprattutto per quanto riguarda le grandi opere pubbliche, che hanno inevitabilmente ancora un impatto sul territorio. E’ il tema non solo del “debat public”, ma anche di un processo di ancora maggiore e totale trasparenza sui  percorsi decisionali, realizzativi, di verifica degli impatti ambientali e via dicendo. E richiamando ancora una volta una formula suggerita dal professor Cascetta, si tratta di passare dal “nimby” al “pimby” (da “not in my back yard” a “please”), un passaggio complicato, ma raggiungibile se si sperimentano tutte le capacità di ascolto.

E proprio dalla capacità di ascolto è partita la prima iniziativa promossa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, un incontro (“Nice to meet you”) che non ha avuto un unico o pochi altri interlocutori, ma una serie di “tavoli” molto partecipativi in cui la funzione essenziale era “ascoltare”, raccogliere le varie idee e proposte provenienti da esperti o da semplici partecipanti ai lavori per condurle poi a sintesi che, successivamente, saranno elaborate anche per far parte del porgramma che l’Italia presenterà a questo G7 di Cagliari. Una tecnica, quella dell’ascolto, che il ministro Delrio ha sperimentato già in occasione del processo di revisione dei piani infrastrutturali (il primo documento sottoposto proprio da Cascetta – come responsabile della Struttura strategica di programmazione del MIT – alle varie categorie interessate portava il titolo significativo di “Discussion Paper”) e che ha avuto successo anche in questa occasione, un evento talmente informale e solo orientato ai contenuti che lo stesso ministro si è rifiutato di svolgere il solito “intervento”, ma ha partecipato ai lavori tra i tavoli, una voce tra le tante.