Se ne parla da mesi o forse da anni: associazioni, volontari, appassionati e maniaci del treno mettono in campo ormai innumerevoli iniziative per recuperare o rilanciare le vecchie ferrovie, siano esse dismesse o “sospese” per un ri-utilizzo turistico.

Le stesse Ferrovie dello Stato hanno dato vita ad una Fondazione, egregiamente guidata dall’ing. Cantamessa,  che ha sviluppato una miriade di attività per recuperare alla fruizione pubblica di strutture, officine, stazioni, carrozze e locomotive, altrimenti destinati ad un sicuro abbandono.

Linee ancora utilizzabili possono essere percorse da treni moderni o storici oppure possono essere riadattate a percorsi ciclabili, diventare piste per il turismo equestre o destinate al trekking: centinaia di migliaia di persone guardano a queste opportunità di svago (o di semplice attività fisica) con interesse e curiosità. Le proposte, dall’Alto Adige alla Sicilia sono tantissime e, soprattutto, molto frequentate. Ed è ora di mettere ordine.

La politica sta facendo la sua parte ed entro la fine del mese dovrebbe essere definitivamente approvata al Senato, dopo l’ok unanime della Camera, la Legge sulle ferrovie storiche e turistiche. Il ministero dei Beni Culturali e del Turismo ha licenziato il Piano Strategico del Turismo 2017-2020 in cui si insiste sui principi che caratterizzano trasversalmente il Piano: sostenibilità, accessibilità e innovazione.

Come avviene in altri settori, anche il turismo registra un’evoluzione della domanda che non si concentra più solo sulla destinazione ma ricerca situazioni uniche e coinvolgenti capaci di trasformare una vacanza in un’esperienza da ricordare e condividere.

In coordinamento con il Piano Straordinario per la Mobilità Turistica del MIT, il Governo è impegnato nel miglioramento della mobilità per il turismo e lo dovrebbe sviluppare condividendo gli obiettivi con gli operatori del settore e i principali stakeholder anche attraverso – citiamo testualmente – il documento del Governo “progetti strategici e pilota per lo sviluppo di una Rete della mobilità dolce (ad esempio ciclovie, cammini e servizi ferroviari turistici)”.

Andrà favorita al massimo l’intermodalità, a partire dalle “porte di accesso” dei flussi internazionali, – citiamo ancora – “ per garantire la “permeabilità” dei luoghi, di valorizzare il patrimonio infrastrutturale quale elemento della strategia generale di attrattività dei luoghi e di sviluppo sostenibile del territorio”.

E proprio in questa linea strategica si è inserita la lodevolissima iniziativa organizzata la scorsa settimana da Asstra e dalle Ferrovie della Calabria, che hanno  raccolto attorno ad un tavolo nella splendida cornice del Parco Nazionale della Sila esperti, parlamentari e molte delle aziende ferroviarie regionali impegnate in progetti di valorizzazione storica e turistica. C’erano, naturalmente, le Ferrovie della Calabria, che per l’occasione hanno organizzato per i partecipanti al convegno un viaggio su una locomotiva a vapore del 1925 e c’erano i cugini delle Appulo Lucane, i sardi dell’Arst , quelli della Circumetnea  e dell’Eav campana e, per salire al nord i responsabili della Domodossola-Locarno.

L’esperienza del treno della Sila, così come numerose altre che si stanno organizzando in tutta Italia per riutilizzare centinaia e centinaia di chilometri e stazioni abbandonate con l’idea di un turismo di qualità e destinato al recupero di luoghi e territori a rischio di abbandono ma ancora pienamente fruibili, fa ben sperare. Il buon turismo può essere anche qui, lontano dai posti super-affollati e dalle mete troppo sfruttate. Anche in questo caso le esperienze di altri paesi europei ci indicano la strada giusta. Ci sono già idee e buone pratiche e coniugando mobilità dolce, ferrovie storiche e turistiche, piste ciclabili con percorsi dell’eccellenza agro-alimentare dei nostri mille territori i risultati possono essere più vicini di quanto si possa sperare.