C’è sempre una prima volta. E, per la prima volta, AGCM (Autorità per la Concorrenza e il Mercato), Anac (Autorità nazionale Anticorruzione) e ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti) hanno firmato una “segnalazione congiunta” inviata alle Regioni e ai ministri dei Trasporti e dell’Economia “in merito alle procedure per l’affidamento diretto dei servizi di trasporto ferroviario regionale”. La “segnalazione congiunta” è inusuale, le tre Autorità hanno ambiti di competenze profondamente diversi, anche se – proprio nel settore del trasporto pubblico locale – si trovano ad operare spesso congiuntamente. Anche se con poteri – a dimostrazione della complessità dell’assetto normativo e regolamentare italiano – che, a loro volta, non solo sono diversi, ma raramente realmente incisivi: il potere di interdizione forse più incisivo ce l’ha l’Anac, mentre l’Autorità per la Concorrenza può intervenire con sanzioni ex post molto pesanti, ma sottoposte all’esame dei vari gradi di giudizio; infine, l’ART ha un potere decisamente molto incisivo nel dettare le regole cui devono attenersi i soggetti amministrati, ma queste regole valgono per gli eventi che accadono dopo le deliberazioni della stessa ART, in pratica fissano le regole per il “poi”.

Nella complicata rete della realtà italiana, le tre Autorità collaborano – in realtà – da tempo per supportare il lavoro delle Regioni, degli enti o delle imprese che decidono di intraprendere il percorso di applicazione delle regole europee, cioè sostanzialmente l’apertura alla concorrenza e l’affidamento dei servizi attraverso gare di evidenza pubblica. Ma – appunto – parliamo di istituzioni che “decidono di intraprendere” un percorso: la realtà delle cose dice, invece, una cosa diversa. Nel trasporto ferroviario regionale, la strada delle gare – teoricamente possibile in base alle norme attuali – è stata infatti percorsa da una sparuta minoranza di amministrazioni regionali: su 42 contratti di servizio attivi, appena due sono andati in gara.

Con la segnalazione congiunta, AGCM, Anac e ART sono, quindi, intervenute per ribadire alcuni principi di base: anche nel caso in cui le amministrazioni decidano di passare all’affidamento diretto o all’affidamento in house (secondo le modalità previste dalle regole comunitarie e nazionali che prevedono e disciplinano questa possibilità), questi affidamenti devono rispondere a precise condizioni di trasparenza e pubblicità che debbono comunque essere rispettate.

In pratica, le tre Autorità ricordano che le amministrazioni locali debbono non solo giustificare la scelta di procedere all’affidamento diretto con le modalità previste dalle leggi, ma su di esse “incombono obblighi informativi e obblighi motivazionali più stringenti, obbligo di operare un confronto competitivo tra le offerte giunte da altri operatori interessati e quella del soggetto al quale si intende affidare il servizio per via diretta (o comunque di effettuare un confronto con benchmark appropriati in caso di affidamento in house)”. Tradotto, ciò significa che – per consentire l’arrivo di eventuali offerte da parte di altri operatori – le amministrazioni (in questo caso le Regioni) devono attivarsi per rendere disponibili ed accessibili tutti i dati e le informazioni relativi alla configurazione del servizio e al suo svolgimento nel passato. E la segnalazione congiunta delle tre Autorità insiste che, in questo caso, non esistono obblighi di riservatezza, che in ogni caso dovranno essere contemperati  con il diritto dei soggetti terzi potenzialmente interessati all’affidamento di accedere alle informazioni necessarie per presentare un’offerta alternativa”.

La spinta verso le gare che viene da questa segnalazione congiunta impegna le Regioni a tener conto che non possono decidere in modo del tutto arbitrario. E’ altrettanto vero che il percorso verso l’affidamento dei servizi attraverso gare non è – in molti casi  – così semplice e automatico, ma avere chiaro il quadro all’interno del quale devono avvenire i processi è già un passo avanti.