Quel che c’è e che non c’è nella riforma TPL: un dibattito di Federmobilità

Federmobilità è l’associazione nazionale nata per sostenere la mobilità sostenibile, con particolare attenzione al trasporto pubblico locale, ma con attenzione ai principali temi riguardanti l’innovazione nel settore dei trasporti. Federmobilità ha promosso un convegno sulle novità del trasporto pubblico locale alla luce dei nuovi provvedimenti di riforma e dei processi in via di attuazione, che è stato anche l’occasione per il “debutto” del nuovo presidente dell’associazione appena designato, Giuseppe Ruzziconi, che è anche amministratore unico dell’Agenzia mobilità di Ferrara. Il convegno si è caratterizzato per la concretezza dei temi oggetto di dibattito: la riforma in gran parte è già normata in un testo contenuto in un decreto attuativo di una legge delega del Parlamento su riforma P.A. e servizi pubblici, per la sua concreta attuazione occore ancora definire alcuni passaggi, ma l’impianto è ormai largamente definito e questo ha stimolato i partecipanti al dibattito ad un confronto focalizzato sulle questioni di merito, che non mettono in discussione i principi della riforma (sostanzialmente condivisi da tutti, anche perché la riforma non nasce dal nulla ed è a sua volta il risultato di un confronto e di un lavoro che ha coinvolto i vari soggetti). Gli obiettivi principali della riforma sono stati riassunti da Andrea Boitani: centralità dei clienti; programmazione dei servizi da parte degli enti locali sulla base dei bacini di traffico; una mobilità sostenibile, sia da punto di vista ambientale che dal punto di vista finanziario; criteri di finanziamento equo con superamento della ripartizione sulla base della spesa storica e adozione invece del criterio dei costi standard. Sui costi standard si inserisce poi il sistema di premialità-penalizzazioni previsto dall’articolo 23, che comporta una diversa ripartizione dei fondi tra le Regioni legandoli ai risultati di gestione e al rapporto costi-ricavi, mentre a completare il quadro c’è la scelta programmatica di fondo di effettuare le gare per l’affidamento dei servizi. E’ stato lo stesso Boitani a sottolineare che la riforma costituisce un quadro di riferimento generale, che prevede una gradualità per l’attuazione di determinati processi ma che non avrebbe potuto avere l’ambizione di risolvere non solo tutti i problemi del TPL, ma anche comprendere la diversità di situazioni dei vari territori o delle varie regioni; ma proprio dal confronto con i casi concreti sono venuti i contributi per esaminare alcuni di quegli aspetti su cui la legislazione non interviene o non può intervenire, ma che influenzano comunque la vita delle aziende. Ezio Castagna (direttore generale di Ctm Cagliari, al convegno in rappresentanza di Asstra) ha, ad esempio, sottolineato che una voce come la velocità commerciale dei veicoli ha influenza sui costi standard, ma sfugge al controllo di aziende costrette a volte ad assumerle come “variabile indipendente”, quando in realtà dipende dalle decisioni che le amministrazioni locali assumono o non assumono in materia di corsie preferenziali, di disciplina del traffico, di sviluppo di sistemi intelligenti di controllo della circolazione: ma aumentare la velocità commercaile del 10 o del 20 per cento significa ridurre i costi aziendali e complessivi del sistema della stessa entità (così come una riorganizzazione dei servizi, con riduzione – ad esempio – del numero delle fermate o degli itinerari). Tra gli elementi qualificanti della riforma, ma non ancora scritti o codificati, c’è proprio la spinta a costringere le amministrazioni locali a predisporre piani economico fi- numero 61- 30 Giugno 2016 3 nanziari che tengano conto non solo dei costi standard, ma soprattutto dei “fabbisogni standard”, cioè l’analisi della effettiva domanda di mobilità e la quantificazione della relativa offerta: ma si tratta di un lavoro che, per ora, costituisce un approdo e che va costruito necessariamente nel tempo. Il tema dei fabbisogni standard si collega, a sua volta, con l’altro tema dei “servizi minimi” che una collettività deve saper garantire in un determinato territorio, prescindendo anche (se effettivamente necessario) dai livelli di economicità di quei servizi. Un tema su cui si è focalizzata l’attenzione di Dino Romano, vicepresidente di un’azienda di trasporti regionale calabrese e rappresentante di Anav, che ha sottolineato la complessità del problema trasportistico in una regione come la Calabria, dove i bassi volumi di traffico (e, dunque, di complessivi bassi livelli di fatturato o di incassi) si legano anche a particolari situazioni economiche e sociali o di asperità del territorio. Senza contare – sempre a proposito di quel che c’è o che non c’è in un progetto di riforma che, ovviamente, non può essere omnicomprensivo) il paradosso che un investimento sull’innovazione (ad esempio, sulle nuove tecnologie) determina nell’immediato un costo vivo per le aziende, che va ammortizzato lavorando su bilanci già ridotti all’osso, alimentando una spirale che penalizza – ovviamente – le aziende più deboli. Problemi complessi, che nascono dall’osservazione della realtà e compongono il complicato mosaico di un settore come il trasporto pubblico locale. Un settore che, contraddittoriamente, ha un’indubbia necessità di vedere standardizzati molti dei suoi processi, ma che – contemporaneamente – ha proprie specificità non facilmente riducibili a una sintesi totalizzante. E’ il tema, già di per sé abbastanza complesso, di prevedere una centrale unica di acquisto per superare la difficoltà di trovare i finanziamenti e le risorse necessarie per procedere ad un profondo rinnovo del parco rotabili, che ha livelli di anzianità tra i più elevati d’Europa: ma su come questa esigenza si cala nella realtà, diventa più complicato da definire. Sul parco mezzi, molte aziende hanno investito creando anche officine di manutenzione o ricorrendo a mezzi con caratteristiche spesso uniche, quasi “ritagliate” sulle esigenze di una determinata clientela o di un determinato territorio: un piano per la centralizzazione delle modalità di acquisizione dovrebbe riuscire a tener conto delle varie specificità, consentendo alle aziende di conservare una relativa autonomia e salvaguardando, comunque, il valore degli investimenti già effettuati. Una serie di problematiche che hanno animato il confronto promosso da Federmobilità, ma dietro cui si pone la “questione delle questioni” sottolineata efficacemente da Castagna: il trasporto pubblico locale ha bisogno innanzitutto di certezze e di stabilità rispetto al quadro regolatorio generale (e, ovviamente, sul lato finanziario e delle risorse disponibili). “Nessuna azienda può effettivamente programmare le sue attività e i suoi investimenti se ogni giorno intervengono novità che mutano la situazione del giorno prima”, ha sottolineato il rappresentante di Asstra. Uno dei compiti della riforma sarebbe proprio di cominciare a porre dei punti fermi nel settore, ma il quadro va costruito con il contributo di tutti e facendo ognuno la propria parte: sfruttando anche i contributi che vengono da dibattiti come quello promosso da Federmobilità.