Il XIII Rapporto sulla mobilità: la lunga strada per trasformare il trasporto pubblico in volano per la crescita economica e sociale

Lavorare su una serie di direttrici di riforma per un cambio radicale di prospettiva e di visione dell’offerta di mobilità collettiva:  da “diritto minimo da garantire” a “volano per la crescita economica e lo sviluppo sociale”. E’ l’ambizioso programma suggerito da Carlo Carminucci, direttore di Isfort, commentando i risultati del 13° rapporto Audimob, l’Osservatorio su stili e comportamenti di mobilità degli italiani, che ha analizzato le variazioni di domanda e offerta nel settore nel 2015.

L’Italia non cammina, ma si sposta sempre più maggiormente, soprattutto nelle grandi aree urbane. Potrebbe essere la sintesi – certo arbitraria e per certi versi provocatoria – delle analisi del rapporto, che rileva una diminuzione del volume complessivo degli spostamenti e – contemporaneamente – un aumento dei chilometri percorsi nei viaggi giornalieri, effetto di lungo periodo di un processo di svuotamento abitativo dei centri cittadini e di conseguentemente allargamento della fascia urbana in un ambito territoriale più vasto. L’Italia non cammina perché non è incentivata ad usare il trasporto pubblico e quasi per nulla la mobilità alternativa sostenibile (che, secondo il rapporto Isfort, registra una preoccupante involuzione), ma è necessitata a spostarsi sempre più frequentemente, rivolgendosi al mezzo pubblico sostanzialmente perché  senza alternativa e con un grado di soddisfazione che il rapporto fotografa in costante caduta. L’Italia non cammina, ma continua ad acquistare sempre più automobili e a rivolgersi al mezzo per risolvere i problemi della mobilità: passato il periodo più nero della crisi, è ripresa la vendita di autovetture ed è salito ancora di più (anche se solo dell’1%) il numero di coloro che possiedono un’auto: ma il nostro Paese era già ai primi posti della classifica in Europa (secondo solo al piccolo e ricco Lussemburgo) per numero di auto in relazione alla popolazione residente (più 7% nel confronto con la Germania, ben + 14,9% nei confronti della Gran Bretagna).

Il rapporto di Isfort curato insieme con Asstra contiene una serie di indicazioni interessanti, che dovrebbero costituire la base per la definizione di un “nuovo e moderno Piano nazionale dei trasporti”, che risolva non solo le tante problematiche del trasporto pubblico (che il rapporto stima in costante caduta, con una perdita di quasi 3 punti si share modale e un peso della mobilità collettiva ridotta ad un ruolo sempre più residuale, pari solo all’11% del totale degli spostamenti motorizzati), ma anche le problematiche in qualche maniera ancora maggiori del mancato decollo – anzi, dell’arretramento, come documenta inesorabilmente il rapporto di Isfort – della mobilità alternativa sostenibile (soprattutto bike sharing, mentre per car sharing e car pooling si registrano alcune dinamiche positive, ma comunque limitate ai centri urbani e in percentuali comunque ininfluenti sul sistema di mobilità collettiva).

La contraddizione evidenziata dal rapporto Isfort (che – unico in Italia – si basa su una serie di dati, ma soprattutto su una serie di interviste su un campione ampiamente rappresentativo) è che gli italiani vorrebbero utilizzare molto di più il trasporto pubblico e altri mezzi d mobilità sostenibile, ma sono “frenati” nella propensione al loro utilizzo dalla bassa qualità, quando non dalla pratica inesistenza, del servizio offerto, un serpente che si morde la coda perché (come evidenzia sempre il rapporto) la qualità, e – per sovraggiunta – la quantità dei servizi offerti è andata diminuendo in questi ultimi anni per effetto dei tagli al trasferimento delle risorse destinate al settore: perdendo l’occasione – evidenzia amaramente il rapporto – di sfruttare anche quell’effetto, non desiderabile ma comunque indotto dalla crisi economica, di una maggiore propensione a rivolgersi al mezzo pubblico rispetto al mezzo privato per la sua maggiore economicità e minor peso sui bilanci familiari.

I dati evidenziati dal rapporto attraverso il raffronto della serie storica di Audimob sono decisamente preoccupanti: complessivamente le soluzioni di mobilità più ecologiche (piedi, bici, trasporto pubblico)  perdono quasi 10 punti di quota modale tra il 2002 e il 2015, scendendo dal 37,2% al 27,6% del totale degli spostamenti, sottolinea Carminucci in questa intervista a Mobility Press, riepilogando i risultati delle analisi condotte in tutti questi anni. Non dimenticando di considerare che, nel sistema della mobilità, tutto si tiene: i trasporti a piedi o in bici diminuiscono perché diminuisce la mobilità di corto raggio per effetto dello “sprawl” (dispersione, cioè, sul territorio) urbano, diminuiscono le possibilità di utilizzare convenientemente il mezzo pubblico e via via dicendo.

Le soluzioni vengono indicate da Carminucci in quel cambio di prospettiva dal trasporto collettivo e sostenibile utilizzato per pura “sopravvivenza” a fattore su cui investire per costruire un’autentica dimensione di sviluppo. E’ quanto chiedono non solo i cittadini e gli utenti, ma le stesse leggi economiche e sociali che oggi vedono sempre più concentrarsi nelle grandi città o in aree comunque fortemente aggregate e attrattive sul territorio gli elementi determinanti per la crescita: è questo il “cammino” che il nostro Paese deve intraprendere per “spostarsi” in una dimensione più evoluta e moderna.